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Il garante: chi è e quando è realmente necessario?


Il garante: chi è e quando è realmente necessario?

Con il termine garante in relazione ad un prestito ci si riferisce a una persona, fisica o giuridica, che si impegna a subentrare nel rimborso delle rate nel caso in cui il beneficiario del credito risulti insolvente. Solitamente, il garante è un parente o un amico, e le finanziarie potrebbero richiederlo come garanzia per il prestito che si vuole sottoscrivere. Ma il garante è sempre necessario? Oppure ci sono tipologie di prestiti che non lo richiedono?

 

Quando non è realmente necessario un garante?

 

Ebbene sì, del garante si può fare a meno. Quando? Con la Cessione del Quinto non è necessario alcun garante a supporto del prestito perché l’unica garanzia che viene richiesta è il vostro stipendio o la vostra pensione. Nel caso di dipendenti pubblici o pensionati, avendo una fonte di reddito certa e duratura, non devono fornire altre garanzie alla finanziaria. Ma anche nel caso dei dipendenti privati non occorre presentare alcun garante perché, anche in questo caso, lo stipendio e il TFR sono l’unica garanzia richiesta per il finanziamento.

 

In quali casi è è necessario?

 

Il garante viene richiesto quando le banche e le finanziarie non reputano sostenibile il finanziamento richiesto con il reddito che si percepisce. Se queste non ritengono che il merito creditizio sia tale da poter farsi carico del prestito, allora sarà necessaria una garanzia.

 

È necessario quando non si ha un reddito da presentare o si hanno delle fonti di reddito non prolungate nel tempo: è questo il caso dei prestiti senza busta paga (quando il richiedente non ha reddito), dei lavoratori autonomi o dei dipendenti assunti a tempo determinato che non hanno la certezza di una fonte di reddito mensile fissa o comunque prolungata nel tempo. 

 

Attenzione però: le banche possono richiederlo anche se la vostra azienda è in difficoltà. Banche e finanziarie sono infatti molto attente alla stabilità e alla solidità dell’azienda per cui lavorate e se riscontrano problematiche economiche sarà necessaria la presenza di un garante. 

 

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Il T.F.R.: che cos’è e come calcolarlo


Il T.F.R.: che cos’è e come calcolarlo

Il T.F.R. (Trattamento di Fine Rapporto) o Liquidazione, è il totale di una somma che viene accantonata durante il rapporto di lavoro e che viene corrisposta al dipendente quando questo si conclude. A volte però si può richiedere in anticipo o si può utilizzare come “garanzia” per avviare un finanziamento. Ma quando si può effettivamente richiedere? Come viene calcolato? Chi ne ha diritto?

 

Il T.F.R.: che cos’è, chi ne ha diritto e come viene calcolato

 

Il T.F.R. ha radici antiche: nasce infatti nel 1927 come diritto del lavoratore “ad un’indennità proporzionata agli anni di servizio” (così recita la Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 1927). Con gli anni ha preso le forme che conosciamo oggi che prevede la possibilità di erogazione a tutti i dipendenti del settore privato e pubblico (in quest’ultimo caso prendere il nome di TFS, acronimo di Trattamento di Fine Servizio), indipendentemente dalla motivazione della cessazione del rapporto di lavoro (pensionamento, dimissioni, licenziamento, scadenza del contratto). 

 

Ma come funziona esattamente? È più semplice di quel che sembra. Il T.F.R. viene maturato dal dipendente mensilmente e accantonato annualmente. Nella busta paga infatti è possibile vedere il maturato dell’anno in corso, il maturato del mese di riferimento della busta e il maturato degli anni precedenti. Sono dati molto utili per capire se è effettivamente possibile richiederlo in anticipo. 

 

Il T.F.R. spetta a tutti i lavoratori dipendenti del settore pubblico o privato, con contratto a tempo determinato o indeterminato. Capire come calcolarlo invece è un po’ più macchinoso ma proviamo comunque a fare chiarezza. Il T.F.R. è determinato da un importo pari alla retribuzione lorda di ogni anno di lavoro divisa per 13,5. Il 31 dicembre di ogni anno il T.F.R. viene ricalcolato con l’applicazione di una percentuale fissa dell’1,5%, cui si aggiunge il 75% dell’aumento dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo (inflazione) rilevato per l’anno precedente.

 

Il T.F.R. è dunque costituito da una serie di diversi elementi, anche variabili, per questo è sempre consigliabile rivolgersi a un professionista per chiedere chiarimenti. 

 

Quando si può chiedere in anticipo?

 

Se si ha bisogno di liquidità è possibile richiedere il T.F.R. in anticipo, ma ci sono alcune “regole” che bisogna tenere in conto; ovvero: 

  • devono essere passati almeno otto anni di lavoro presso lo stesso datore di lavoro; 
  • non si può richiedere più del 70% dell’importo maturato; 
  • deve essere giustificato da comprovate esigenze (possono essere prestazioni sanitarie, l’acquisto di una casa o di un’abitazione per i propri figli).  

Per fare la richiesta è sufficiente rivolgersi direttamente alla propria azienda e – una volta verificate le comprovate esigenze e la fattibilità della richiesta – sarà possibile procedere con l’erogazione. 

 

L’anticipo del T.F.R. può essere richiesto solamente una volta durante il rapporto di lavoro e viene detratto dall’importo finale spettante. 

 

È meglio tenerlo in azienda o affidarlo a un Fondo Pensionistico?

 

Tutti i lavoratori hanno diritto di scegliere se affidare il proprio T.F.R. a un Fondo Pensione o lasciarlo direttamente in azienda. Se non viene presa alcuna decisione nell’arco dei primi sei mesi di lavoro, subentra un meccanismo di silenzio assenso e questo viene affidato automaticamente al fondo negoziale di riferimento dell’azienda.

 

La scelta di lasciare il T.F.R. in azienda può essere revocata in qualsiasi momento ma sempre in forma scritta e prevede diverse norme regolatorie a seconda del tipo dell’azienda: 

 

  • se ha meno di 50 dipendenti il T.F.R. rimane presso l’impresa come parte del suo capitale; 
  • se ha più di 50 dipendenti il T.F.R. viene gestito dall’INPS, per conto dello Stato, ma i lavoratori avranno come riferimento sempre il proprio datore di lavoro e – quando in uscita – questo verrà versato dall’azienda, che provvederà successivamente a compensare i versamenti in favore dell’INPS.

 

Se invece si decide di affidarlo a un fondo pensione, bisogna considerare che la scelta è poi irrevocabile, ma l’iscrizione prevede delle agevolazioni fiscali. In questo caso è possibile chiedere un anticipo che non superi il 30% dell’importo maturato, l’aliquota di tassazione è del 15% (in azienda non è mai inferiore al 23%) ed è destinata a diminuire dal quindicesimo anno di contribuzione (fino a un minimo del 9%).

 

Il T.F.R. e la Cessione del Quinto

 

I prestiti erogati con Cessione del Quinto hanno come garanzia il T.F.R. del contribuente e vista l’importanza che il T.F.R. apporta a questa forma di finanziamento, è uno dei principali elementi che viene valutato dopo aver effettuato la richiesta. 

Inoltre, è importante sapere che, maggiore è il valore del T.F.R accantonato, maggiore sarà l’importo del prestito che sarà possibile ottenere.

 

L’iscritto al Fondo Pensione può chiedere la Cessione del Quinto dello stipendio?

 

Certamente! In questo caso, a garanzia del prestito, invece del datore di lavoro, ci sarà il fondo pensione, che andrà a vincolare il T.F.R. del lavoratore dopo che la Finanziaria (Sigla Credit in questo caso), avrà inviato comunicazione del contratto di finanziamento al fondo pensione cui il lavoratore risulta iscritto.

 

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